Vorrei dedicare l’8 marzo ai tempi del Coronavirus alla forza delle donne. La forza delle donne ricercatrici del nostro paese, nella stragrande maggioranza dei casi sottopagate e precarie, che vincono la corsa cruciale dell’isolamento del corredo genetico del virus. La forza delle tantissime mediche e infermiere, strenuamente impegnate con turni massacranti nei reparti di terapia intensiva a salvare vite anche a costo di rischiare la propria. La forza della direttrice delle poste di Casalpusterlengo, Donata Cobianchi, che si è offerta volontaria, visto che nessuno voleva farlo, per andare nella filiale di Codogno a pagare le pensioni. Ma anche la forza delle donne in situazione di violenza che cercano con coraggio e determinazione di uscirne, pagando spesso per questo un prezzo che può essere altissimo, la loro stessa vita. La forza delle donne dei Centri Antiviolenza, creati dal movimento femminista, le quali da anni le sostengono in questo difficile e pericoloso percorso di uscita dalla violenza e che, attraverso la loro associazione nazionale di riferimento D.i.R.e (Donne in rete contro la violenza) lanciano in occasione dell’8 marzo la campagna “Violenza sulle donne. In che Stato siamo?” che ogni mese per un anno cercherà di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, dei media e delle istituzioni sulle principali raccomandazioni del Consiglio d’Europa riguardo a dodici aree tematiche diverse rispetto allo sconvolgente fenomeno della violenza maschile sulle donne. La forza delle donne dei movimenti femministi come Non Una Di Meno anche loro fortemente impegnate a denunciare e scardinare quella cultura patriarcale che è all’origine della violenza maschile sulle donne e delle discriminazioni nei loro confronti. La forza di una ragazza, Greta Thunberg, che con la sua tenacia e la sua determinazione è riuscita a creare un movimento mondiale di difesa dell’ambiente mettendo i “grandi” della terra di fronte alla loro pochezza e insipienza nell’affrontare l’emergenza del cambiamento climatico. E infine la forza delle donne migranti in fuga da guerre, povertà e violenza maschile, che affrontano con grande coraggio un viaggio che spesso riserva loro altre terribili violenze con il miraggio di un’Europa in cui vivere una vita di diritti finalmente riconosciuti, che si presenta invece chiusa dietro il filo spinato e costringe alcune di loro ad assistere impotenti alla morte di stenti e di malattie delle loro figlie/i.
Delia Valenti
Coordinamento Donne Onlus